Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) costituiscono una categoria di affezioni croniche a carattere flogistico che interessano elettivamente il grosso intestino (Rettocolite ulcerosa) o anche qualsiasi tratto dell’apparato digerente, dalla bocca all’ano, ma più frequentemente l’intestino tenue ed in particolar modo l’ileo terminale (Morbo di Crohn). Esistono anche altri tipi di malattie infiammatorie intestinali, come la colite ischemica, la colite microscopica (collagena, linfocitica), quella eosinofila e le coliti indeterminate (così definite quelle in cui la valutazione clinica, endoscopica, radiologica ed istologica non permette di classificare la malattia né come rettocolite ulcerosa né come morbo di Crohn), ma la colite ulcerosa ed il morbo di Crohn sono nettamente le più comuni ed importanti.
L’eziologia di queste malattie è tuttora sconosciuta mentre, per quanto riguarda la patogenesi, c’è alla base un meccanismo autoimmune, cioè una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni per cui ad un certo punto, probabilmente per una predisposizione genetica, il sistema immunitario del soggetto “attacca” le cellule dell’apparato digerente: in risposta a ciò, negli strati della parete del tubo digerente, si determina una reazione di tipo infiammatorio che sconvolge la normale anatomia e ne altera la normale funzionalità.
Epidemiologia
Le MICI hanno una prevalenza di 1-1,5 casi ogni 1000 persone mentre l’incidenza è di 7-10 nuovi casi su 100.000 persone. Possono presentarsi a qualsiasi età ma più frequentemente nei pazienti tra i 15 ed i 30 anni ed in quelli tra i 50 ed i 70 anni e sono più frequenti nei paesi nord europei. Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento dell’incidenza di queste malattie infiammatorie intestinali anche nei paesi mediterranei, probabilmente a causa del cambiamento delle abitudini alimentari. Sono in graduale aumento anche i casi di MICI che esordiscono in età pediatrica. Il 25% dei nuovi malati ha meno di 20 anni e vengono anche riscontrati casi che hanno un esordio precoce, addirittura già nei primi anni di vita.
Sintomatologia
La presentazione clinica delle MICI è estremamente variabile, manifestandosi anche in forme lievi con scarsa sintomatologia tanto che, talvolta, l’esiguità dei sintomi non consente una diagnosi immediata. La caratteristica principale di queste malattie è la presenza di un’infiammazione cronica a carico della mucosa dell’intestino che ha decorso intermittente e può causare complicanze anche severe.
Le MICI sono malattie ad andamento cronico ed hanno un decorso clinico e sintomatologico intermittente. Il paziente alterna periodi in cui non lamenta i sintomi della malattia, con alvo regolare ed assenza di dolori addominali, ad altri in cui invece la malattia riprende, presentandosi anche in forma più grave. I sintomi che caratterizzano queste due malattie sono generalmente molto diversi. La colite ulcerosa di manifesta quasi sempre con diarrea e presenza di sangue e muco nelle feci cui spesso si associano dolori crampiformi ai quadranti addominali inferiori che possono alleviarsi con l’evacuazione, flatulenza, tenesmo rettale (sensazione di peso e/o di incompleta evacuazione) e, se la perdita ematica diventa importante, anche anemia. Il morbo di Crohn, invece, si manifesta inizialmente con diarrea e dolori addominali localizzati prevalentemente nella regione inferiore destra dell’addome che corrisponde al tratto terminale dell’intestino tenue, sede in cui più frequentemente si localizza la malattia. Nelle fasi acute, tanto della colite ulcerosa che del morbo di Crohn possono comparire anche segni di compromissione generale come calo di peso, vomito, astenia, inappetenza e febbre.
Nel tempo il morbo di Crohn può manifestare complicanze come restringimenti del lume (stenosi) del tratto intestinale interessato dall’infiammazione e, nei casi più estremi, occlusione intestinale; può anche verificarsi la formazione di ascessi o fistole. Nel caso, invece, della colite ulcerosa possono derivare complicanze come dilatazione del colon (magacolon) e neoplasie.
Nei soggetti con MICI sono di frequente riscontro anche manifestazioni cliniche extraintestinali, cioè a carico di altri organi ed apparati, soprattutto della pelle (eritema nodoso e dermatosi granulomatosa), del fegato (steatosi, epatite cronica attiva, colangite sclerosante primaria), delle articolazioni (artrite, spondilite anchilosante), del rene (pielonefrite) e degli occhi (irite, congiuntivite).
Diagnostica
Data l’aspecificità dei sintomi, un corretto approccio diagnostico alla diarrea e/o al dolore addominale cronico da parte del gastroenterologo è un problema comune ma abbastanza complesso. Infatti tutti i sintomi non sono esclusivi delle MICI ma sono invece comuni a varie altre condizioni che interessano l’intestino come, ad esempio, la colite spastica, il colon irritabile o le alterazioni delle flora batterica intestinale. Ciò che contraddistingue queste malattie non sono pertanto i sintomi in sé bensì le alterazioni strutturali e biochimiche a cui vanno incontro tratti più o meno estesi dell’apparato digerente ed in particolare l’intestino.
La diagnosi di MICI non può pertanto prescindere dalla colonscopia e dall’esecuzione della biopsia della mucosa perché solo il successivo esame istologico potrà consentire di fare una precisa tipizzazione della malattia. All’esame endoscopico vanno affiancati esami ematochimici (ricerca di markers infiammatori, come VES e PCR, che sono comunque test aspecifici e scarsamente sensibili). La disponibilità oggi, del dosaggio della calprotectina fecale, marker specifico che permette di discriminare un soggetto con patologia organica da uno con disturbi intestinali di tipo funzionale (Sindrome dell’intestino irritabile, IBS), ha sicuramente permesso un importante passo avanti nella diagnosi di laboratorio delle MICI. I soggetti affetti da MICI hanno infatti valori di calprotectina solitamente molto più elevati sia rispetto ai soggetti sani che a quelli affetti dalla Sindrome dell’intestino irritabile. In questi ultimi soggetti, tuttavia, i valori di calprotectina possono posizionarsi leggermente al di sopra dei limiti di normalità. L’utilizzo della calprotectina quale marker di un processo infiammatorio a carico della mucosa intestinale non si limita necessariamente soltanto alla fase di diagnosi di laboratorio di queste malattie ma trova applicazione anche nel follow up e nel monitoraggio della terapia specifica dei pazienti. La calprotectina rappresenta infatti un supporto molto utile per la diagnosi differenziale tra malattia organica e funzionale. L’esame chimicofecale, nelle MICI, rileva leucociti nelle feci e l’assenza di parassiti (ameba, giardia, ecc.) e può essere utile la coprocoltura al fine di escludere coliti infettive e relativi batteri patogeni (campylobacter, clostridium difficile). Altri esami diagnostici strumentali, come la Risonanza magnetica o il Clisma del tenue, possono essere indicati in alcuni casi, ad esempio quando il morbo di Crohn determina lesioni dell’apparato digerente non raggiungibili per via endoscopica. L’ecografia, infine, misurando lo spessore della parete intestinale, può dare informazioni circa l’interessamento degli strati della stessa da parte del processo infiammatorio.
Terapia
Attualmente non esiste un protocollo terapeutico standardizzato ed universalmente efficace per il trattamento delle MICI. La terapia farmacologica ha l’obbiettivo di indurre la remissione clinica della malattia e, successivamente, quello di evitare le riacutizzazioni. Nelle forme acute non complicate la terapia è basata sull’uso di farmaci come la mesalazina ed il cortisone che deve essere assunto però per periodi limitati nel tempo; possono essere utilizzati anche antibiotici che agiscono sui batteri intestinali. Nelle fasi di remissione è invece sufficiente la mesalazina, farmaco efficace e molto ben tollerato per cui può essere utilizzato per lunghissimi periodi. In casi selezionati possono essere impiegati anche farmaci immunosoppressori (azatioprina, 6-marcaptopurina) e farmaci biologici di nuova generazione come gli anticorpi bloccanti il TNF (Tumor necrosis factor), una molecola prodotta dalle cellule immunitarie. Nei casi non rispondenti alla terapia farmacologica o nel caso di insorgenza di complicanze (es. stenosi, fistole) può rendersi necessario l’intervento chirurgico che, a volte, permette un effetto terapeutico risolutivo.
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